I parlamentari di centrosinistra «Sì per difendere la specialità»

Il testo della riforma costituzionale è una vittoria per l’autonomia trentina. Il giudizio tranchant del senatore Vittorio Fravezzi (Upt) deriva dalle aspettative che il centrosinistra autonomista nutre verso la «clausola di salvaguardia», che prevede un meccanismo di intesa fra Stato e province di Trento e Bolzano per la revisione dei poteri e delle competenze concesse agli enti locali.
F. Parola, "Corriere del Trentino", 27 novembre 2016

 

 

Fravezzi ha coordinato, ieri pomeriggio a Rovereto, un panel a cui hanno intervenuto le voci più importanti della delegazione regionale di centrosinistra in parlamento, accompagnate dal presidente provinciale Ugo Rossi e dal vice Alessandro Olivi.

Una considerazione è corsa trasversale a tutti gli interventi: la vittoria del no il 4 dicembre significa rischiare, in una prossima riscrittura della riforma, di non ottenere le stesse garanzie di autonomia per Trento e Bolzano.«Come si può definire centralista una riforma che porta in Senato i rappresentanti delle Regioni e dei Comuni?» si chiede Giorgio Tonini (Pd). Il senatore dem sottolinea come la riforma del 2001 abbia creato confusione dei rapporti fra Stato e regioni, generando «una valanga di contenziosi» di fronte alla Corte costituzionale. La riforma rimetterebbe dunque in ordine le competenze finora «trasversali», affermando «il principio della sussidiarietà, che chiede di riferirsi al livello amministrativo più efficiente per la risoluzione del problema che si sta affrontando».

Nel caso trentino, secondo Tonini, il successo dell’autonomia è garanzia affinché il livello provinciale rimanga quello privilegiato. Autonomia come «apertura al cambiamento» sottolinea Olivi. Cambiamento che però, quando riguarda l’allargamento delle competenze di Piazza Dante, deve essere «accompagnato da una revisione dello Statuto regionale — ricorda Franco Panizza (Patt) — che l’intesa permette di portare avanti in tranquillità». Fortemente voluta anche dalla Val d’Aosta, come dice Albert Laniece (Union valdôtaine), ma causa di divisioni nel fronte autonomista trentino, la clausola di salvaguardia «non è presente nell’assetto costituzionale attuale — prosegue Panizza — che ci costringe a sottoporre qualsiasi revisione statutaria alle decisioni del Parlamento». Serve invece «rilanciare la sfida della gestione autonoma del territorio, che il Trentino ha dimostrato di avere il fisico per poter reggere» insiste Lorenzo Dellai (Scelta civica). Invito che Dellai allarga alle regioni ordinarie: queste, tramite l’articolo 116, sotto condizioni di disciplina di bilancio potrebbero chiedere nuove competenze, avvicinandosi alle autonomie speciali.

Il fatto che molte regioni «virtuose» non abbiano sfruttato i propri spazi di autogoverno, ricorda Rossi, chiama il Trentino a «guidare il Paese verso le buone pratiche di governo dei territori che abbiamo sperimentato in 70 anni di autonomia». L’appello del governatore è a non «distruggere la casa della specialità» soltanto per un’eventuale antipatia nei confronti del premier. Se il «no» dovesse prevalere in Trentino-Alto Adige sarebbe «un segnale di sfiducia verso l’intera delegazione autonomista in parlamento — conclude Karl Zeller (Svp) — e il caos che ne seguirà sarà pagato anche dai nostri cittadini».