Olivi: «Energia, alleanza con Verona»

 «Se non vogliamo trovarci a rincorrere, dobbiamo ragionare in tempo di alleanze che ci permettano di aumentare i fatturati. Quella del polo con Verona è un’ipotesi da studiare con attenzione». Alessandro Olivi commenta così la prospettiva di un calo, forse strutturale, dei ricavi di Dolomiti Energia.
T. Scarpetta, "Corriere del Trentino", 30 agosto 2016

 

Rovereto (socio di riferimento insieme a Trento e Provincia) per ora preferisce restare alla finestra. «Non mi attendo una flessione dei dividendi — afferma Francesco Valduga — e tantomeno un drastico calo. Dovesse succedere, mi dovranno spiegare perché».

In Sudtirolo, Alperia ha già comunicato ai Comuni l’amara realtà: gli utili sono in picchiata trascinati dal basso costo del petrolio. La proposta della società è stata di azzerare, per il 2017, i dividendi. I sindaci hanno replicato chiedendo di non scendere oltre il dimezzamento. In Trentino, Dolomiti Energia resta abbottonata, ma nel cda di venerdì scorso si è detto chiaramente che «i dividendi quest’anno saranno ai minimi». Un prospettiva che, anche secondo l’assessore Mauro Gilmozzi «potrebbe diventare strutturale» (Corriere del Trentino di domenica). Le cause, oltre al crollo del prezzo dell’energia (da 90 euro a megawattora nel 2008 ai 30-40 del 2016), sono da rintracciare nel calo della domanda indotto dalla crisi industriale e dall’efficientamento energetico civile, dalla crescita delle altre fonti rinnovabili e dalla scelta politica, europea e italiana, di non incentivare più l’idroelettrico.

«Lo scenario che pare palesarsi — osserva Olivi — deve indurci a fare qualche considerazione e a farla per tempo. Senza voler insegnare nulla ai vertici di Dolomiti Energia, che hanno sempre lavorato bene, data la crescita delle altre rinnovabili, forse diversificare la produzione può essere una prima risposta, anche se è evidente che il core business resterà sempre l’idroelettrico».

Il problema, tuttavia, sembra riguardare più la vendita dell’energia che la sua produzione. Per questo il vicepresidente rilancia l’idea dell’alleanza con Agsm, la multiutility controllata al 100% dal Comune di Verona. «Condivido le preoccupazioni del collega Gilmozzi — premette Olivi — e l’idea che la società debba ragionare in termini industriali individuando le sue migliori prospettive di sviluppo. Se, in futuro, gli utili dell’attuale assetto non potranno più essere quelli del passato, non mi sembra sbagliato immaginare fin da subito come ampliare la propria attività e i propri clienti. Mi pare che l’alleanza con Verona potrebbe andare in questa direzione». A livello di produzione di energia, le due società non sono nemmeno paragonabili: 3.280 Gigawattora De, 631 Agsm. Le forniture, però, non sono molto differenti, 402.000 clienti De, 340.000 Agsm, ma soprattutto quest’ultima copre 5.000 comuni. Quanto ai fatturati (dato 2014), 1.296 milioni De, 850 milioni Agsm. In estrema sintesi, Trento ci metterebbe l’energia, Agsm i potenziali clienti. Il gruppo veronese, inoltre, si occupa tra le altre cose anche di teleriscaldamento, raccolta e trattamento dei rifiuti, ha una rete gas di 110 chilometri e 155.000 punti di consegna. Le due società, unite, rappresenterebbero il quinto gruppo italiano, staccando di molto la stessa Alperia (1.385 milioni di fatturato). L’esclusiva reciproca delle trattative scade il 31 ottobre.

È evidente, però, che in caso di fusione il Trentino smetterebbe di avere la sua società. «Ci sarebbe una cessione di sovranità — riconosce Olivi — Tuttavia, fermo restando il diritto ai dividendi dei comuni soci (Trento e Rovereto, ndr) e quello ai rimborsi compensativi per i comuni interessati dalla produzione, credo si possa ragionare di un modo più diffuso e sociale di beneficiare della produzione di energia: averla a un costo più basso, un differenziale competitivo strategico per le nostre industrie. So che la normativa non è semplice, ma credo anche che sia una strada da seguire».

Valduga, per il momento, guarda al 2017, l’anno in cui il Comune contabilizzerà gli utili del 2016. «Negli anni scorsi, per nostra scelta, la politica dei dividendi è stata molto prudente. Quindi non vedo perché ci dovrebbe essere un drastico calo». Quanto al resto, «se ne discuterà di fronte a dati certi».