«Solo noi possiamo governare il cambiamento del Trentino»

L’alto tasso di litigiosità registrato in maggioranza in concomitanza dei congressi non accenna a diminuire, la sintonia politica è intermittente, i rapporti personali talvolta ormai logori. Luca Zeni non pare, però, agitarsi troppo. «Se non lo governiamo noi in questa fase il Trentino, non c’è qualcun altro in grado di farlo» osserva.
T. Scarpetta, "Corriere del Trentino", 13 luglio 2016

 

Non è una previsione elettorale, ma la considerazione che dovrebbe indurre tutti a «recuperare le motivazioni dello stare insieme non in astratto, ma lavorando in maniera più condivisa sui singoli problemi».

Assessore, su di un punto l’intera coalizione è d’accordo: così non va. Da dove originano tutte queste fibrillazioni?

«Non vorrei prenderla troppo larga, ma secondo me il fattore principale è il contesto generale. Viviamo un’epoca di grande tensione sociale a livello mondiale. Lo vediamo in Europa, negli Stati Uniti e il piccolo Trentino non può fare eccezione. Intere generazioni si sono abituate all’idea di un rassicurante progresso costante, che oggi è messo in discussione. Il cambiamento unito al senso di impotenza dato dall’impressione di non poter fare nulla per fermarlo producono paura. Il muro è la risposta alla paura».

Il ricco Trentino si scopre «povero», l’icona di un successo economico e sociale, la Cooperazione, sbanda paurosamente, i vigili del fuoco, orgoglio di ogni comunità, litigano tra di loro. Cosa sta succedendo?

«Succede qualcosa che solo dieci anni fa era impensabile. Noi dobbiamo reagire evitando due rischi opposti. Il primo è approfittare della paura dei cittadini per trarne consenso, il populismo. Il secondo è negare e problemi e giudicare la paura come frutto di ignoranza, il buonismo».

Qual è la terza via?

«Ognuno deve fare il suo. I partiti devono porre le condizioni perché il cambiamento sia accettato e si capisca che può essere governato, ribadendo che solo il dialogo tra pari produce soluzioni positive. L’amministrazione deve puntare alla concretezza delle misure. Penso al nuovo welfare che sta disegnando Olivi, alla riforma delle case di riposo che sto seguendo io: bisogna convincere i cittadini che il cambiamento può essere governato con risposte alle esigenze concrete delle persone. La politica deve capire che questa è una fase storica in cui l’unità conta più della capacità critica. Il Pd ha trasformato questa consapevolezza in una precisa scelta congressuale. Le istituzioni hanno una grande occasione: l’autonomia è la grande alternativa al nazionalismo e alla tecnocrazia. Esprime la consapevolezza di essere la parte di un tutto ben più vasto, ma anche la volontà di governare i processi sul territorio».

Tuttavia, i partiti spesso non sono altro che comitati elettorali, l’amministrazione talvolta pare barcamenarsi, la politica si riduce a scontro personalistico e l’Euregio, come l’araba fenice, che vi sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa.

«Lungi da me voler nascondere i problemi. I cittadini non ce lo perdonerebbero. L’Euregio vive al momento di grandi annunci, ma la cooperazione tra questi territori, in particolare fra Trento e Bolzano, potrebbe e dovrebbe essere maggiore. L’amministrazione è il fronte più urgente, i cittadini ci chiedono con forza giustizia sociale, ma non mi pare che siamo con le mani in mano. Quanto ai partiti della maggioranza, spesso sono i destini personali a creare fibrillazioni, non le linee strategiche. Messi da parte quelli, credo che Pd, Upt e Patt possano ancora fare molto insieme. Potrebbero anche dare vita a una scuola di formazione politica comune».

E la coalizione? L’impressione è che, in assenza di un grande obiettivo comune, ogni decisione si presti allo scontro.

«In realtà, ho notato che, quando ci sediamo intorno a un tavolo e discutiamo, la soluzione condivisa si trova sempre. È quello che dobbiamo fare: più incontri in cui ci si dica chiaramente su cosa si è d’accordo, su cosa no per trovare una reale condivisione. Bisogna accettare l’idea di perdere non solo qualche ora, ma magari qualche giorno. Smettiamo poi di immaginare il fare e il pensare come azioni alternative. Uno stimolo ci può arrivare anche dalla consapevolezza che se questa fase così delicata non la governiamo noi, non c’è oggi in Trentino qualcuno in grado di farlo».

L’assenza di un avversario forte ha allentato la vostra coesione al punto che non si smette mai di parlare di coalizioni alternative.

«Io non mi agiterei troppo. In questi anni è maturata la consapevolezza del fatto che nessuno di noi è autosufficiente e che servono il collegamento nazionale, la presenza sul territorio, le istanze autonomiste. L’Upt non da ieri è stabilmente nel centrosinistra, il Patt ha da tempo abbandonato la logica del Blockfrei. Dire poi che il civismo ha intercettato alcune tensioni sociali di cui dicevamo all’inizio è solo riconoscere un dato di fatto. Giusto cercare di recuperare quei voti».

Il suo è tra i nomi che si fanno per il candidato presidente del 2018.

«Boutade estive. Sono molto concentrato sul lavoro di assessore. Saranno i partiti, quando sarà ora, a stabilire il percorso verso le elezioni».