«In quale città siamo? E l’Austria è lontana?»

Parlano i migranti appena giunti al centro di via al Desert. Un ventenne: «Sono partito dal Gambia in agosto» Gli ospiti sognano la Germania e non sanno della linea dura di Vienna. Don Zatelli: «Dobbiamo accoglierli».
A. Rossi Tonon, "Corriere del Trentino", 15 febbraio 2016

 

TRENTO «Come si chiama la città in cui ci troviamo?» Momo ha vent’anni e dopo cinque mesi di viaggio ancora non sa dove è arrivato. In Italia, certo, perché il nostro Paese era la meta che aveva scelto quando ad agosto è partito dal Gambia; ma quale sia il nome della città dove sorge l’ex caserma militare in cui è stato trasferito, questo ancora non lo sa. 

Momo è uno dei 153 migranti che da venerdì sono ospitati nella nuova «Residenza Fersina» di via al Desert, 99 dei quali provengono dal campo della protezione civile di Marco, dove alloggiavano nei container; gli altri 54 arrivano dalla «Residenza Viote», che ha così cessato la sua attività. 

«Vorrei rimanere in Italia per lavorare — racconta il giovane — Mi piace molto questo Paese, il modo in cui le persone ci hanno accolti e sono loro grato». Ha lasciato il suo Paese senza familiari o amici anche se nel corso di questi mesi, durante un lungo girovagare, ha conosciuto molte persone nuove. Insieme a lui, infatti, c’è Lamine, che di anni ne ha 22 e viene dal Senegal. Al contrario di Momo che parla inglese perfettamente, Lamine lo mastica poco e il francese risulta scomodo come lingua veicolare. «Non ti preoccupare, traduco io» assicura il giovane gambiano. 


Il miraggio tedesco
Lamine racconta così di aver lasciato il suo Paese nel cuore dell’Africa «in cerca di lavoro» e che il suo viaggio non si è ancora concluso. Al di là dell’accoglienza in tre fasi studiata dalla Provincia che prevede la distribuzione dei migranti sul territorio provinciale, infatti, Lamine spera di riuscire a raggiungere la Germania. «È lì che vorrei andare», ma non perché in quel Paese viva qualche suo familiare, bensì perché ha sentito dire che è più probabile trovare un’occupazione. 
Nessuno dei due sa che però nel frattempo l’Austria ha deciso di erigere una barriera protettiva contro i migranti al confine del Brennero. Di più, nessuno dei due sa dove si trovi l’Austria. «È molto distante?» chiede Momo. «Un paio d’ore di auto? Beh, allora è piuttosto vicina». 


I residenti: meglio qui che a Marco
Per ora hanno deciso entrambi di rimanere all’interno della residenza, di uscire solamente per scaldarsi al sole e respirare un po’ d’aria fresca, godendosi l’inerzia. Altri, invece, si sentono già pronti per una rapida esplorazione del territorio e si avventurano a San Pio X e in Clarina. Nessun residente sembra sorpreso, e secondo una donna «è naturale che sia così, perché ormai siamo abituati». Il fatto che a poche centinaia di metri siano stati trasferiti altri 153 migranti, quindi, non sembra preoccupare. «Io sono per l’accoglienza — prosegue la signora — Non era possibile lasciarli alle Viote o nei container a Marco». La soluzione dell’ex caserma Damiano Chiesa, quindi, per lei «è una sistemazione dignitosa che può consentire più facilmente l’integrazione» anche se «la maggior parte dei residenti di questi quartieri sono anziani. Non sapranno nemmeno che sono arrivati i profughi». 


«Non torni il muro»
Il signor Arturo è proprio tra questi. «Sapevo che erano in corso dei lavori all’ex caserma — racconta — ma non sapevo che vi fossero già state portate delle persone». Nemmeno lui è preoccupato: «Non è possibile pensare che siano pericolosi solamente perché vengono da un Paese diverso dal nostro». A impaurirlo «sono piuttosto i furti in abitazione, di cui si sente parlare in continuazione». A impensierirlo, però, è anche la notizia che qualche chilometro più a nord sta per sorgere un muro per impedire ai migranti di oltrepassare i confini e «il tappo che potrebbe venirsi a creare». «Però è una questione che riguarda l’Europa — commenta — Vedremo come andrà a finire». 


Le parrocchie si mobilitano
Nel frattempo anche nelle parrocchie si immaginano nuovi modi per coinvolgere quelle 153 persone perché, come dice don Lino Zatelli di San Carlo Borromeo, «non possiamo far finta che non ci siano». Don Lino spiega che «al momento la notizia è troppo fresca per fare programmi precisi» ma al contempo assicura che «il prima possibile» si confronterà con don Rodolfo Pizzolli di San Pio X, dove da qualche tempo ha sostituito don Angelo Gonzo. «Insieme cercheremo di fare qualcosa con chi resterà, visto che, come annunciato dalla Provincia stessa, una parte verrà spostata e ridistribuita sul territorio provinciale». «Non possiamo lasciarli lì così, come se non ci fossero — aggiunge don Lino – Sarà importante coinvolgerli in attività anche pastorali visto che tra loro immagino ci siano persone di religione cristiana».

 
Le strutture
Attualmente la struttura in via al Desert ha una capienza massima di 250 persone, mentre i prefabbricati adiacenti all’edificio possono ospitare fino a 49 persone. La Provincia ha spiegato che «l’accoglienza in questo hub si protrarrà per il tempo strettamente necessario per effettuare l’identificazione e i controlli sanitari previsti dal protocollo di procedura del servizio sanitario provinciale». 

 

Altri arrivi alle caserme. I profughi ora sono 200, "L'Adige", 15 febbraio 2016

Sono già saliti a duecento i migranti che sono attualmente ospitati nella Residenza Fersina di via al Desert, che ha aperto le sue porte nel pomeriggio di ieri.
Ad affiancarsi ai 99 ospiti trasferiti nella zona sud del capoluogo da Marco ed ai 54 richiedenti protezione internazionale che sono scesi dalle Viote in città, nella mattinata di ieri sono arrivati altri 50 migranti, approdati a Trento verso le 6 dopo un lungo trasferimento dal porto di Agrigento, effettuato a bordo di un pullman partito venerdì pomeriggio dalla Sicilia.
In poche ore, la struttura ricavata in una delle palazzine delle caserme Chiesa, quella più lontana da via al Desert e affacciata appunto lungo gli argini del Fersina, ha così raggiunto quasi completamente la propria capienza massima, che è stata fissata in 250 posti disponibili.
Oltre alla struttura in quanto tale, è stato subito inaugurato il cosiddetto «hub di smistamento»: si tratta di una parte della residenza costituita da due prefabbricati all'interno del quale vi sono 49 posti e che rappresentano un centro di pronta accoglienza, destinato appunto ad accogliere i migranti inviati in Trentino dal Ministero dell'Interno, come è appunto il caso di quelli giunti da Agrigento. Questi rimarranno lungo il Fersina per il tempo necessario per l'identificazione e l'effettuazione dei controlli sanitari previsti dal protocollo di procedura del servizio sanitario provinciale.
La residenza Fersina è destinata ad ospitare migranti di sesso maschile giunti in Italia senza familiari: dopo le pratiche di accoglienza, gli ospiti giunti da Agrigento rimarranno in via al Desert solo se si tratta di uomini soli. Nel caso di famiglie o donne sole, verranno invece trasferiti a Marco. Andranno invece alla residenza Brennero i giovani tra i 17 ed i 20 anni.
La giornata di ieri è trascorsa tranquillamente, con i 200 ospiti che hanno potuto fin da subito partecipare alle lezioni del corso di italiano promosso all'interno della struttura da parte dei 16 operatori assistiti da altri volontari. A regime, gli operatori saliranno a quota 25.
«La giornata è scandita da precisi momenti - ha spiegato il direttore del Cinformi Pierluigi La Spada - con i corsi al mattino, quattro turni con tre classi da 20 persone ad ogni turno, seguiti dal pranzo, dalle pulizie di stanze, corridoi e mense alle quali collaborano gli stessi ospiti e poi, nel pomeriggio, attività formative e ludiche: ieri pomeriggio nel piazzale stavano già giocando a pallone».
Gli ospiti sono liberi di lasciare la struttura, con i cancelli che chiudono alle 23 per riaprire alle 7 del mattino.