«Coltivare l’orto non è una punizione»

Coltivare l'orto non deve essere una punizione: tutti gli studenti devono imparare a farlo, non solo quelli che rischiano la sospensione da scuola. Secondo Luigino Pellegrini, consigliere comunale del Pd nonché responsabile del servizio alcologia ed antifumo del distretto sanitario, la proposta dell'assessore Mauro Previdi - quella di impegnare i ragazzi indisciplinati delle superiori nella coltivazione di orti comunali al Bosco della città - lancia un messaggio fuorviante: lavorare l'orto è una punizione, qualcosa insomma di "degradante".
"Trentino", 15 dicembre 2015

 

«L'orto rieducativo punitivo - scrive Pellegrini - si porta dietro pregiudizi e storture tipiche di una cultura modernista che ha dimenticato le proprie radici. «Zappar la terra” è attività nobile alla quale va restituita dignità, che va recuperata dal punto di vista culturale, non si può utilizzare come attività minore ad uso punitivo riabilitativo, con la non trascurabile conseguenza di trasmettere ai giovani un messaggio fuorviante». Se si avvia un progetto di coltivazione dell'orto con le scuole, dovrebbero andarci tutti gli studenti, da quelli modello ai "Franti", dice Pellegrini.

«Imparare a lavorare la terra rappresenta una competenza trasversale, importante in una società che voglia essere equa ed ecosostenibile. Un sapere esperienziale che va recuperato nei suoi significati simbolici, antropologici,culturali, della tradizione,del contatto e rispetto della natura, nella capacità di autoproduzione, e così via. Rappresenta una competenza sulla quale far convergere tutti gli studenti e le scuole dalle professionali al liceo, dagli studenti “adeguati “ a quelli “ indisciplinati” Anche chi è predestinato a ruoli dirigenziali e di potere è importante impari a coltivare l’orto e ad avere un rapporto fisico con la terra».

Pellegrini invece definisce "ambiguo" il messaggio che lancia invece l'assessore Previdi. «Trasformare la coltivazione della terra in uno strumento di rieducazione per chi per responsabilità propria o per deficit ambientali,sociali, culturali vari, non riesce ad adattarsi al contesto scolastico , diciamocelo spesso rigido e con notevoli difficoltà a muoversi in maniera elastica e inclusiva , ci sembra una operazione buona nelle intenzioni, ambigua nel messaggio culturale di fondo. Che la scuola trovi al proprio interno gli strumenti inclusivi , di pubblica utilità, alternativi alla sospensione». Pellegrini propone di ricalibrare la proposta, ed estenderla a tutti gli studenti, "depurandola" dal ruolo rieducativo e puntivo che avrebbe, se destinata solo agli studenti indisciplinati. (m.s.)