Pacher reggente, ma poi sarà addio

Alberto Pacher, erede naturale al trono di Lorenzo Dellai, conferma la decisione di abdicare. Guiderà la Provincia - «senza farsi trascinare dalla corrente ed anzi con i motori a tutto regime», tiene a precisare - per i prossimi dieci mesi, ma poi lascerà lo scranno di presidente.
S. Damiani, "L'Adige", 30 dicembre 2012


Non sarà l'ex sindaco di Trento, sbarcato in piazza Dante nel 2008 sull'onda di 15.337 preferenze, il leader del centrosinistra autonomista alle elezioni di novembre. Anche se si levano voci, ultima quella del sindaco Alessandro Andreatta, sempre più autorevoli e insistenti che gli chiedono di restare in campo, di abbandonare la linea del "gran rifiuto", Pacher ieri confermava la sua decisione. «La mia - ha sottolineato - è stata una scelta meditata e motivata, tra dieci mesi si esaurirà il mio impegno diretto nella giunta».
Naturalmente mai dire mai. Pacher è persona che si è fatta apprezzare anche per la sua coerenza, ma siamo pur sempre in politica. Dieci mesi fa Mario Monti spergiurava, anche di fronte alla stampa estera, che mai sarebbe sceso nell'agone politico e che il suo era un governo tecnico a termine. Sappiamo tutti com'è andata a finire: Monti è candidato premier e i suoi ministri "tecnici" sgomitano per "salire" in politica dalla porta principale.
Solo tra dieci mesi sapremo se anche Pacher tornerà sui suoi passi oppure tornerà a fare lo psicologo al Servizio tossicodipendenze. Finita la fase dei brindisi e degli abbracci nostalgici all'insegna della comune identità trentina, l'uscita di scena di Dellai e il rifiuto di Pacher innescheranno inevitabili fibrillazioni nella maggioranza che governa la Provincia e lotte intestine per la leadership. In un quadro "balcanico", Pacher potrebbe essere l'unico candidato capace di garantire tutte le anime della coalizione. «Non vedo un pericolo di questo tipo - replica  il presidente reggente della Provincia - la coalizione è forte, ha 15 anni di vita ed è cementata da valori ben più forti di qualche personalismo. Io lavoro e continuerò ad impegnarmi perché si rafforzi, ma non vedo pericoli di tenuta».
Il primo passaggio delicato che si troverà a gestire Pacher è quello delle deleghe. Dellai ne aveva tenuto per sé molte appetibili, specie in un anno elettorale: protezione civile, energia, bilancio, patrimonio, università e ricerca, politiche del lavoro, autostrada del Brennero, caccia e pesca, corpo forestale. Che fine faranno? Da ieri le deleghe del dimissionario Dellai sono passate allo stesso Pacher, ma solo in via transitoria. «Ci sarà una ridistribuzione delle competenze - conferma il nuovo presidente - ma non abbiamo ancora preso decisioni, è una materia su cui mi confronterò con i colleghi per trovare l'assetto migliore». Pacher tiene a sottolineare che la sua guida sarà meno presidenzialista e più condivisa: «Io non ho avuto un'investitura popolare diretta, ne sono consapevole e per questo intendo elevare il livello di collegialità. In quest'ottica uno dei primi passi sarà quello di proporre alle forze politiche e ai capigruppo un incontro per definire un metodo di lavoro che ci accompagni nei prossimi mesi».
Mesi che Pacher non vuole scivolino via in modo passivo, trascinato dalla corrente lasciata dal suo ingombrante predecessore. «Non andremo avanti per inerzia - assicura - la nave non spegnerà i motori («se lo doveste fare - ha replicato con una battuta Dellai - da cittadino son capace di fare qualche telefonata di quelle giuste...»). Proseguiremo la nostra rotta a pieno regime cercando di interpretare al meglio il percorso seguito sino ad oggi».
Di solito i governi scrivono un libro dei sogni per i primi 100 giorni, Pacher per i suoi ultimi 300 resta con i piedi per terra. «Abbiamo concluso la nostra ultima giunta del 2012 prendendo importanti provvedimenti sul terreno del lavoro. Sviluppo, innovazione, lavoro, prospettive per i giovani sono tra le tematiche a cui dedicheremo sforzi particolari cercando di non dimenticare mai che dietro ai numeri della disoccupazione ci sono persone con le loro famiglie». Pacher assume la guida della Provincia in un momento difficile: risorse pubbliche in calo, economia globale in crisi, diffuso pessimismo. Forse anche per questo ieri Dellai appariva elettrizzato dalla sua nuova avventura romana (pur con qualche tratto di malinconia al momento degli addii), mentre Pacher sembrava serio e impenetrabile.

Olivi: «L'addio, scelta da rispettare»

Sarà il tormentone dei prossimi mesi: chi raccoglierà l'eredità politica e amministrativa di Dellai raccogliendone lo scettro dopo il (forse) breve "interregno" di Ale Pacher? In molti scommettono che la staffetta Dellai-Pacher, in Comune a Trento foriera di successi a suon di voti ed elevati tassi di popolarità, alla fine si ricomporrà anche in Provincia.
L'ultima voce autorevole è quella del sindaco Alessandro Andreatta che al collega, amico e compagno di partito  ha chiesto pubblicamente «un ripensamento», facendo intendere che il suo pensiero è condiviso da molti non solo all'interno del Partito democratico, ma anche di Upt e Patt.
Dellai, come consigliava anche l'opportunità politica, ieri non si è unito al coro del "Caro Pacher, ripensaci": «La democrazia - ha detto in risposta ad una domanda dei giornalisti - non prevede che io designi il mio successore. Rispetto le scelte e le decisioni prese da Pacher». E ha aggiunto che, comunque vadano le cose, «ci sono tante persone all'altezza e con le caratteristiche giuste per portare avanti il nostro lavoro».
Anche l'assessore all'industria Alessandro Olivi, tra i più accreditati candidati al dopo Dellai, non si schiera tra chi in questo momento chiede a Pacher un ripensamento. «Penso che oggi sia un'inutile forzatura - dice - la decisione di Pacher non è stata presa a cuor leggero: è frutto di una lunga riflessione personale e politica, riflessione che va rispettata. Siamo tutti d'accordo nel considerare Pacher una persona di grande rigore intellettuale, ma anche una risorsa preziosa perché viene percepito come un uomo di coalizione e delle istituzioni, e non come portatore di interessi di parte. Qualora, in qualsiasi momento, da parte sua venisse un atto di disponibilità a impegnarsi ancora nelle forme e nei modi che lui riterrà più opportuni, tutto il Trentino ne beneficerebbe. Proprio per questa sua statura credo che le sue scelte debbano essere rispettate e vadano invece evitate continue sollecitazioni». Olivi invita anche a «non derubricare come fatto puramente personale una scelta fondata anche su significative ragioni politiche».