L'intervento di Maurizio Agostini all'Assemblea provinciale del Pd del 23 gennaio 2009

"Mi sembra strano quello che mi sta succedendo e, per certi aspetti, paradossale.

Chi mi conosce da più tempo sa che mentre l’Associazione per il PD si organizzava e si batteva perché anche nel Trentino nascesse finalmente questa nuova forza politica; mentre nell’area della sinistra trentina, nei DS e in Solidarietà molti si esprimevano a favore di questo cammino; mentre l’allora sindaco Alberto Pacher, in tempi non sospetti e da una posizione istituzionale non facile chiedeva – ricordo almeno due editoriali di prima pagina – di accelerare su questo progetto, io avevo riserve, manifestavo dubbi, sottolineavo limiti e contraddizioni di questo obiettivo.

Oggi mi trovo a questo tavolo indicato come un possibile punto di equilibrio e di garanzia per accompagnare una fase breve ma delicata della vita del partito. E voglio innanzitutto ringraziare per l’attestato di fiducia che mi viene dato dall’assemblea provinciale del partito e dire di essere consapevole del ruolo che assumo e dei suoi precisi limiti. Limiti d’investitura, della temporaneità del mandato, e limiti personali, sia di esperienza che oggettivi per come è organizzata la mia vita personale e lavorativa. Avrò grande bisogno di aiuto da parte di tutti voi.

 

Il compito principale che ci attende è quello di completare la costruzione della struttura del partito, a partire dai circoli e fino agli organismi centrali ancora in definizione. Molte incertezze e fibrillazioni che caratterizzano ancora la nostra esistenza nascono, ne sono convinto, anche dal fatto che la nostra vita democratica interna è ancora condizionata dalla precarietà e dalla provvisorietà. Ciò nondimeno credo che vadano ringraziati indistintamente tutti quelli che da subito si sono buttati nell’impresa di radicare sul territorio la nostra forza politica, anche rischiando, anche improvvisando. Ora dovremo estenderle, queste presenze, e renderle conformi alle regole che ci siamo dati.

Dobbiamo anche ringraziare chi ha tenuto e regolato in questi mesi i nostri conti economici. E su questo fronte devo dire che è venuto il momento di affidare all’assemblea un rendiconto chiaro della situazione attuale, per discuterla assieme e per individuare le prospettive future, sia per quanto riguarda la dimensione centrale che per le singole situazioni territoriali.

 

Ma curare l’organizzazione non ha senso se non riparte e prende fiato l’elaborazione politica. Se la gamba organizzativa è importante, non possiamo certo aspettare di averla completata prima di alimentare il confronto sui temi politici. Del resto la realtà, quella locale e quella di più vasti livelli, ci incalza non solo per le scadenze istituzionali ma per la portata delle questioni sociali, economiche, culturali che si pongono nel nostro tempo in termini sempre nuovi e che richiedono sintesi e proposte anch’esse nuove. Basterà partire da quel piccolo-grande documento che è il programma elaborato in vista delle elezioni provinciali, un testo che certo non è punto d’arrivo, ma che può essere un punto di partenza importante, da implementare, emendare e tradurre in proposte.

Sui temi della democrazia e della trasparenza della politica, dell’uso del territorio, dell’economia e del lavoro letti in rapporto alla qualità dell’ambiente e alla qualità della vita delle persone, della coesione sociale, dell’accoglienza e dell’attenzione alle aree della fragilità e del disagio, su questi temi devono ripartire gruppi di lavoro a livello provinciale e iniziative decentrate nei circoli.

In questo modo io leggo una delle parole d’ordine su cui vogliamo fondare il nostro partito: quella della distinzione  – che non è separazione – tra amministrazione e politica. Con questo tipo di lavoro cresce l’informazione e la consapevolezza su cui può fondarsi una vera partecipazione democratica. E le donne e gli uomini che i nostri elettori vorranno inviare nei luoghi istituzionali, anche quelli più piccoli e periferici, pur nell’autonomia della loro responsabilità e nella necessità delle mediazioni e dei compromessi, sentiranno dietro di loro la forza delle idee, degli obiettivi di medio e lungo respiro, degli ideali a cui tendere. Le singole questioni contingenti, di cui tanto è pieno l’agire politico quotidiano, potranno smettere così di essere sempre trasformate in bandiere sulle quali “vincere o morire”, ma diverranno passaggi, più o meno decisivi, da misurare col metro della coerenza e della compatibilità rispetto ai principi di fondo o alle nostre visioni del futuro.

In questo contesto una particolare rilevanza assumono le caratteristiche peculiari della nostra realtà locale, con la sua storia e le sue prerogative di autonomia, con la sua vocazione ad essere luogo di incontro tra culture, con il suo essere territorio di montagna. Dobbiamo leggere queste caratteristiche come ulteriore responsabilità nell’elaborazione politica e come possibilità di essere soggetti importanti nel contesto della realtà nazionale e nella prospettiva di un’Europa delle regioni. La discussione che dobbiamo aprire riguarda anche il rapporto da impostare col PD nazionale, che vive oggi una fase di crisi visibile agli occhi di tutti. Rispetto a questa crisi ci sentiamo tutt’altro che estranei e indifferenti, ma penso che potremo dare un contributo serio solo costruendo un PD trentino che sia laboratorio libero di idee e trovando una sempre maggiore unità e fluidità di funzionamento.


La nostra impresa non è semplice, anzi è particolarmente impegnativa, perché come ho cercato di dire e come dobbiamo ricordarci a vicenda, non è un partito qualunque quello che vogliamo costruire. Noi vogliamo cambiare il modo di fare politica, rilanciando la partecipazione, rendendo trasparente la democrazia interna e nelle istituzioni, ridando protagonismo vero alle persone e questi obiettivi devono essere visibili fin da subito, nei fatti e negli atteggiamenti. Ma vogliamo anche continuare ad essere un partito che si candida al governo dei vari livelli territoriali, che è capace di trovare e di costruire alleanze coerenti, e che punta quindi alla realizzazione di obiettivi e non alla pura declamazione di principi.

Dobbiamo coniugare questi due aspetti e quindi dovremo, nel perseguire il primo obiettivo, non derogare al dovere, che ritengo irrinunciabile per chi come noi è chiamato a svolgere ruoli di riferimento nell’agire politico, di essere responsabili; riflettendo sulle ricadute e le conseguenze delle nostre decisioni, in modo da non sacrificare sull’altare delle battaglie quotidiane il perseguimento dei veri obiettivi. Impegnandoci ad essere, oltre a strumenti di ascolto, anche strumenti di informazione e di formazione in mezzo ai cittadini.

 

Vorrei dire un’ultima cosa che ritengo importante, e dirla sottoforma di richiesta forte e decisa rivolta a tre fasce di protagonisti.

A chi è esterno al PD e ci guarda, alle altre forze politiche di maggioranza e di opposizione e a personaggi vari, commentatori, editorialisti e presidenti chiedo: rispetto. Non silenzio su eventuali errori o contraddizioni, non buonismo, non condiscendenza, ma rispetto vero: il riconoscere che stiamo tentando di costruire una cosa grande e nuova. Potremo non riuscirci e fallire, ma non è giusto né corretto leggerci sempre con la lente deformante del piccolo cabotaggio o delle beghe da cortile.
A chi ci ha dato fiducia votandoci, o guarda a noi con speranza e attesa positiva, chiedo: pazienza. Sicuramente abbiamo sbandamenti, sicuramente facciamo errori, sicuramente abbiamo già deluso qualcuno. Ce ne scusiamo. Ma abbiate la pazienza di tenere conto della difficoltà del cammino che dobbiamo percorrere, cercando di non perdere troppi pezzi per strada. Non accreditate le letture piccine e misere dei fatti e quindi, certo non all’infinito, ma siate pazienti e concedete tempo alle verifiche.

Infine a chi, come noi, ha un ruolo di guida del partito chiedo di avere sempre: attenzione e rispetto reciproco. Ci sono tra noi storie diverse, pensieri diversi, idee e anche proposte diverse ma, lo abbiamo sperimentato nel lavoro di predisposizione del programma, si tratta di modi diversi di pensare al raggiungimento degli stessi obiettivi. Non diamo l’impressione che su ogni decisione, anche minore e interna, si vince o si perde. Non diamo l’impressione che il PD o riesce come voglio io o non c’è e non ha senso. Ne faccio anche una questione di toni e di parole, che non devono neppure alludere al degrado del linguaggio che forze politiche estranee alle nostre tradizioni hanno portato nel confronto politico italiano e locale. Perché ho un timore, che mi rimanda alle perplessità cui accennavo all’inizio. Temo che se non ci muoveremo assieme responsabilmente possa iniziare una deriva che finisce col tagliare progressivamente fuori persone, col portare ad abbandoni delusi, fino a riprodurre l’esperienza di altre vicende che, esaurita una fiammata iniziale, si sono poi ridotte a piccole forze autoreferenziali o di pura testimonianza.

Non è questo quello che vogliamo. Vogliamo invece provare a fare qualcosa di ben più grande e duraturo, e quindi aiutiamoci a superare le difficoltà e a migliorare le capacità di lavorare insieme. Indietro, vedrete, non si tornerà".