Diritto alla salute in carcere: Mattia Civico interroga

Mattia Civico, 25 marzo 2011
Il nuovo carcere di Spini a Trento è certamente un luogo fisico più idoneo e dignitoso di custodia e accoglienza dei detenuti, rispetto alla sede precedente di via Pilati.

È però del tutto evidente che oltre alle mura sono le pratiche e le condizioni relazionali, le misure trattamentali e di formazione (anche al lavoro) e l’accesso ai diritti fondamentali che possono favorire il pieno recupero alla legalità delle persone detenute.

L’accesso ai servizi sanitari e alla salute è fra tutti i diritti certamente quello fondamentale e primario: è una responsabilità di cui la comunità e le istituzioni hanno il dovere di farsi carico e che non possono delegare solo alla amministrazione penitenziaria.

Recentemente la Provincia, in  seguito agli accordi con lo Stato, ha acquisito la competenza diretta in materia di salute carceraria e quindi il personale sanitario sta progressivamente passando dal Ministero di Giustizia sotto le dipendenze dell’Azienda Sanitaria.

Ho ricevuto per iscritto una corrispondenza da parte del personale sanitario operante in carcere, in cui si denunciano casi concreti in cui non sarebbe stato garantito da parte della direzione l’accesso ad alcuni detenuti a visite di controllo come invece richiesto dai responsabili clinici.

Per esigenza di totale chiarezza sugli episodi rilevati, si riporta di seguito uno stralcio della lettera:

(sono state rigettate) le proposte di accesso a luoghi esterni di cura avanzate da questo servizi o per detenuti necessitanti consulenze specialistiche:

-A.M., affetto da scabbia, in isolamento sanitario precauzionale, necessita di visita dermatologica. La consulenza è quanto mai necessaria a fronte della delicatezza della patologia, della potenziale infettività e del carattere assolutamente specialistico della materia. (….)

- M.S. , affetto da diabete mellito in trattamento con ipoglicemizzanti orali, necessita  di consulenza diabetologia a fronte del non compenso della situazione ed in vista di probabile inizio di terapia insulinica.

Se tali eventi si fossero davvero verificati e se –come sostenuto nella missiva – non si trattasse di casi isolati (nella lettera si fa riferimento a “una lunga serie di episodi simili”), ci troveremmo di fronte alla necessità di aprire una riflessione anche politica sugli strumenti che come Provincia Autonoma (che tra l’altro ha ampiamente investito nella nuova struttura) abbiamo o che di cui dobbiamo dotarci per garantire in tutti i luoghi e a tutte le persone presenti sul nostro territorio il pieno accesso al diritto alla salute e ai diritti fondamentali.

Ho quindi depositato una interrogazione per sapere 

  1. se i casi riportati si sono effettivamente verificati e in questo caso quali iniziative la Provincia può ed intende assumere;
  2. di quali strumenti l’amministrazione provinciale pensa di dotarsi per garantire –anche a prescindere dagli episodi citati- il pieno accesso ai diritti fondamentali (alla salute, alla formazione, al lavoro, alle relazioni e alla affettività).

IL TESTO DELL'INTERROGAZIONE